E’ possibile accompagnare il minore per visite ed esami in ospedale

Anche senza greenpass è possibile per i genitori accompagnare i propri figli in ospedale per visite, esami e ricoveri.

Abbiamo notizia di respingimenti, all’accesso presso strutture ospedaliere pubbliche, di genitori che accompagnano il loro figli minori per l’effettuazione di visite ed esami, in quanto sforniti di green pass.

Vediamo le norme:

  • L’art. 1 bis del D.L. 44/2021 prevede, seppur illegittimamente (si veda il seguente articolo), l’obbligo del green pass rafforzato, sino al 31/12/2022, solo per accedere alle RSA e strutture di lungo degenza;
  • L’art. 2 bis del D.L. 52/2021, stabilisce che per l’accesso presso le strutture sanitarie, gli accompagnatori devono essere in possesso della certificazione verde, almeno da tampone.

Premessa l’ormai acclarata infondatezza scientifica di tali norme, è importante evidenziare come esse non siano certamente valide per l’accompagnamento dei minori.

Sussistono, al riguardo, trattati e convenzioni, pienamente vigenti in Italia, con grado sovraordinato alla legge, che estendono la loro efficacia a favore dei minori.

In particolare, si tratta di:

  • Art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il quale stabilisce che: In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti dalle autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente;
  • Art. 9 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, afferma che: Gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato di suoi genitori contro la loro volontà.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, meglio conosciuta come carta di Nizza, grazie al Trattato di Lisbona, ha il medesimo valore giuridico dei trattati, secondo l’art. 6 del Trattato sull’Unione europea, diventando pienamente vincolante per gli stati membri.

La Convenzione sui diritti del fanciullo è stata ratificata in Italia con legge n. 175/1991.

Si tratta di norme, quindi, pienamente vigenti in Italia e sovraordinate a disposizioni interne con esse contrastanti.

In virtù di esse sussiste sempre il diritto del genitore, in ogni tempo e luogo, di accompagnare i propri figli minori presso le strutture sanitarie, sia pubbliche che private, per visite, esami e ricoveri, diritto che non può essere, in alcun modo, subordinato al possesso di greenpass.

Occorre ricordare, in particolare, che le strutture sanitarie pubbliche esercitano un servizio essenziale che non può essere rifiutato.

Essendo i trattati citati norme avente forza di legge rafforzata, alcuna valenza, nei loro confronti possono avere diverse disposizioni od atti d’indirizzo diversi assunti in materia dalle autorità sanitarie regionali o direttori sanitari, ponendosi questi ultimi, nell’ambito della gerarchia delle fonti, in una posizione del tutto degradata.

Inoltre, le Regioni sono vincolate dalle disposizioni di cui all’art. 117 della Costituzione, in ambito di ripartizione competenze con lo Stato, e se volessero disciplinare in modo diverso sul proprio territorio le fattispecie rappresentate, devono farlo, necessariamente, con l’emanazione, ad opera del Consiglio, di apposita legge regionale, che non sia in contrasto con le disposizioni nazionali ed i trattati internazionali.

Nessuna valenza giuridica hanno quindi gli atti di indirizzo delle giunte ed ancor meno le dichiarazioni dei governatori.

Al contempo, i singoli dirigenti, direttori sanitari, sono vincolati, nel loro agire, all’obbligo del rispetto della legge dello Stato e dei trattati da esso recepiti, secondo le disposizioni di cui agli artt. 97 e 98 della Costituzione.

I genitori che dovessero trovarsi nell’esigenza di dover fronteggiare la difficile situazione del respingimento è bene che diffidino immediatamente la struttura ed i responsabili, al fine di vedere rispettati i propri diritti di genitori e quelli dei propri figli.

Il respingimento all’accesso costituisce un comportamento illegittimo tenuto da parte dei responsabili delle strutture, che espone i medesimi al reato di interruzione / rifiuto di pubblico servizio, previsto dall’art. 331 del codice penale, oltre che al rischio concreto di vedersi richiedere un risarcimento danni, secondo le previsioni di cui all’art. 28 della Costituzione.

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