Il Milite ignoto

“Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”, chiosava, in un passato prossimo ormai remoto, uno dei campioni della demitizzazione[1], nuovo prototipo di “eroe” di battaglie combattute dietro fruscianti cortine di salotti!

Ma per fortuna, di Brecht più che nostra, agli eroi veri, scomparsi e insolentiti, sono succedute schiere innumeri, reclutate con leve di massa, dapprima dal Condottiero partorito dalla Rivoluzione Francese, poi dalle Nazioni artefici-sonnambule delle due guerre mondiali.  Propiziatrici di carneficine a sei zeri.

Fino ad allora, ignorando i suoi destini “magnifici e progressivi”, il retrivo mondo pre-rivoluzionario si accontentava di  conflitti che coinvolgevano solo qualche (modesto) migliaio di uomini, rappresentato da truppe professionali o mercenarie che la guerra la facevano di mestiere.  E, per lo più, solo tra di loro.

La plusvalenza secca, aggiudicata al Progresso, spetta indiscutibilmente alla seconda guerra mondiale che, fiore all’occhiello della Modernità avanzante, può legittimamente rivendicare i “danni collaterali” (leggi distruzioni e “vittime civili”) più ingenti di qualunque guerra di qualunque tempo.

Non a tutti è noto che, nel corso del secondo conflitto mondiale, le vittime civili (stimate in oltre 48 milioni di uomini) siano state addirittura superiori al numero dei militari uccisi.

Non occorre, quindi, la fantasia di Giulio Verne al fine di comprendere che, per poter gettare milioni di uomini nella fornace della guerra dei materiali  (della quale la maggior parte di essi  ignorava le ragioni), occorresse sostituire all’eroe di un passato caduto nell’obsolescenza, qualcosa che coinvolgesse tutti i popoli … senza impersonarne nessuno in particolare.

E quel qualcosa è il Milite Ignoto!

Per le anime candide, la celebrazione di questo soldato privo d’identità, corrisponde a un nobile omaggio umano.

Nella realtà, la scelta di celebrare un soldato senza nome e senza volto, è frutto di una subdola strategia propria della Modernità.

Mentre l’eroe, con un volto e un ruolo, è legato a una terra, a un popolo, a una Storia specifica, …sicchè il suo nome (tale un Mattia Corvino per gli Ungheresi) va a rafforzare l’identità di un popolo, il Milite Ignoto, parimenti e concordemente celebrato da tutte le nazioni belligeranti, illustra, si perdoni la retorica non nostra, il “sacrificio sublime” del soldato anonimo, che, su tutti i fronti, … “immola  la sua vita  per la Patria”. Bruciandola, piuttosto, innanzi all’idolo della volontà di potenza comune delle Nazioni.

Il Milite Ignoto non può, pertanto, rappresentare un “eroe identitario” ma, piuttosto, la figura anonima dell’Uomo, anzi e meglio, di un’astratta umanità, offerta in sacrificio dalle Nazioni sull’altare della Modernità (e della “volontà di volontà”[2]) che ne è espressione.

Di qui la natura ambigua dell’onore tributato al soldato senza volto, espressione di un falso mito ottenuto, come tutti gli pseudo-miti  della Modernità, per inversione e parodia dei reali valori tradizionali.

Infatti, nella destinazione dell’Uomo a olocausto sull’altare del Progresso e della Modernità si esprime, da un lato, il carattere nichilista della volontà di volontà proprio del mondo moderno, dall’altro (si esprime) la vicinanza e la parentela stretta tra il Milite Ignoto e l’Eroe anonimo del Lavoro … o del Vaccino (confortato dall’apologia moraleggiante del suo nobile “sacrificio” accompagnato dalla simmetrica condanna alla gogna dei renitenti).

Chi ha intravisto, nel fanatismo della recente crociata vaccinista, alcuni tratti pseudo-religiosi, ha colto, infatti, un dato che sfugge a ogni approccio razionale, che marca l’inimicizia profonda tra chi ha delegato, una volta per tutte, la propria vita ai “costruttori del progresso” e chi, turbato dalla mostruosità del transumano che avanza sulla scena del mondo, ha deciso di restare unico arbitro delle scelte che lo confortano del suo essere uomo.

Stefano Tosi


[1] Bertolt Brecht

[2] Martin Heidegger