Il Ministero della Salute torna a battere il ferro del Covid con la consueta ossessione: una dose di richiamo annuale. La nuova circolare autunno-inverno 2025/26 indica con tono burocratico che gli “eletti” a questo rito sanitario saranno ancora una volta gli over 60, le donne in gravidanza o nel post-partum, i pazienti fragili, i lungodegenti e il personale sanitario.
Fin qui la cronaca. Ma cosa significa in realtà? Significa che lo Stato continua a proporre vaccini che, dopo anni di utilizzo, hanno mostrato tutta la loro inefficacia sostanziale: non impediscono il contagio, non arrestano la trasmissione, e hanno provocato un numero impressionante di reazioni avverse, spesso sottaciute e screditate come “coincidenze”. La narrativa ufficiale si aggrappa a formule logore: “raccomandazioni internazionali”, “protezione dei più fragili”, “riduzione delle complicanze”. È lo stesso linguaggio che ha accompagnato la campagna vaccinale iniziale, quando si prometteva l’immunità di gregge e la fine della pandemia.
Eppure, i dati raccontano altro. L’immunità di gregge non si è mai realizzata, le varianti hanno reso obsoleti i preparati dopo poche settimane, e la tanto sbandierata “protezione dalle forme gravi” è rimasta un’affermazione mai dimostrata con rigore. Ma la macchina non si ferma. Ogni autunno, come fosse un rito pagano, la popolazione fragile viene richiamata all’altare della “nuova dose”, senza che vi sia una reale riflessione sulla fallacia delle precedenti campagne.
Il passaggio più inquietante della circolare riguarda le donne in gravidanza e nel post-partum. Offrire un prodotto sperimentale — perché di fatto tale resta, vista la continua rincorsa alle varianti e la mancanza di dati a lungo termine — a chi porta in grembo una nuova vita, significa spingersi oltre il limite dell’etica. Le stesse istituzioni che predicano prudenza su alcol, farmaci comuni e persino erbe officinali, spalancano le porte a un’iniezione che non ha alcuna garanzia di sicurezza per madre e bambino.
Non è un caso che si usi il verbo “offrire”. La circolare non impone — almeno non ancora — ma crea un clima di pressione, soprattutto sul personale sanitario e sugli ospiti delle RSA, trasformati in cavie silenziose. È l’arte sottile del condizionamento: il fine giustifica i mezzi, la memoria collettiva deve essere corta, la critica va silenziata.
In fondo, questo documento ministeriale non è che l’ennesima prova di un meccanismo che Pilger avrebbe smontato pezzo per pezzo: una sanità trasformata in braccio armato di un’industria che non conosce soste, una politica incapace di riconoscere i propri errori, e un giornalismo troppo spesso complice, pronto a presentare come notizia neutra ciò che è in realtà un’imposizione mascherata da consiglio.
La vera lezione di questa circolare è semplice: siamo intrappolati in un ciclo di obbedienza che non ha nulla a che fare con la scienza, e tutto a che fare con il potere.
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