Quello che è accaduto con Serravalle e Bellavite non è un incidente di percorso, ma il sintomo di un sistema che ha deciso che discutere è pericoloso.
La macchina mediatica ha fatto il suo dovere: montare il caso, creare il nemico, ripetere parole d’ordine finché non resti spazio per domande. I giornali parlano di “difesa della scienza”, ma la scienza non ha bisogno di guardie armate: ha bisogno di libertà e di prove.
Il problema non sono due medici, ma il messaggio che passa: se osi deviare, verrai isolato, ridicolizzato, reso esempio per gli altri. E questo non avviene perché qualcuno tira i fili in una stanza segreta, ma perché interi ordini professionali hanno interiorizzato un linguaggio di potere che confonde consenso con verità.
Così, invece di confutare le idee con dati, si colpisce chi le esprime. Invece di aprire il dibattito, lo si sigilla. Si pretende che il cittadino creda senza chiedere, perché “loro” hanno già deciso.
La scienza che non accetta la critica diventa dogma. E il dogma, in medicina, è pericoloso quanto l’ignoranza. Se oggi chiudiamo la discussione, domani chiuderemo la bocca a chi salva vite proprio perché ha osato fare domande scomode.
Questa non è difesa della salute: è difesa del potere. E il potere, quando ha paura delle parole, è già in crisi.
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