In questi giorni si è acceso un dibattito intorno a un manifesto affisso regolarmente a Salsomaggiore Terme, contenente le seguenti parole:
«La Russia non è il nostro nemico – Mattarella non parla in nome del popolo italiano.»
Parole nette, certo. Parole discutibili, se vogliamo. Ma parole pienamente legittime, che rientrano nel cuore pulsante della libertà democratica: il diritto di esprimere un’opinione politica.
Eppure, su Parma Today, la senatrice di Italia Viva Silvia Fregolent ha definito il manifesto “inaccettabile”, accusando chi lo ha promosso di voler “riscrivere la realtà”, “attaccare le istituzioni”, e addirittura di voler “indebolire l’Italia”.
Dichiarazioni gravi, sproporzionate, e soprattutto giuridicamente infondate.
Chi rappresenta chi?
Il Presidente della Repubblica, secondo l’articolo 87 della Costituzione, rappresenta l’unità nazionale. Non il pensiero unico. Non l’omogeneità forzata delle opinioni. Non la totalità del popolo italiano nelle sue scelte o visioni geopolitiche.
Dire che “non parla in nome del popolo italiano” è una valutazione politica, non un’offesa. È un modo per affermare che non si condivide la linea di politica estera adottata, o il silenzio su determinate questioni.
Non è vilipendio. Non è disinformazione. È dissenso. E il dissenso, in una democrazia matura, non si condanna: si ascolta.
Libertà di espressione: non a geometria variabile
È curioso che nella stessa dichiarazione si invochi la libertà di espressione come “pilastro della democrazia”, per poi escluderla quando essa viene esercitata contro la sensibilità istituzionale di chi governa o presiede.
La libertà non si misura in base al contenuto. È tale proprio perché si estende anche alle opinioni scomode, minoritarie, provocatorie. È questa la differenza tra la Costituzione italiana e un manifesto ideologico: la prima tutela tutti. Il secondo pretende silenzio.
Chi minaccia chi?
Se vi è un pericolo per la democrazia, non è certo un manifesto affisso da un’associazione regolarmente costituita.
Il pericolo, semmai, è in chi chiede che vengano rimossi manifesti non perché contengono incitamenti all’odio, ma perché “non allineati”.
In chi richiama le istituzioni come scudi, ma le usa come bastoni.
In una Repubblica fondata sulla sovranità popolare, la critica al Presidente della Repubblica è legittima. È la sua sacralizzazione ad essere incompatibile con i principi repubblicani.
Non è lesa maestà. È libertà democratica.
Conclusione
Chi oggi difende la Costituzione dovrebbe ricordare che essa è nata non per proteggere chi sta al potere, ma per garantire che nessuno possa usarlo contro i diritti fondamentali.
E tra questi, c’è prima di tutto il diritto di pensare, parlare e dissentire, garantito dall’art. 21 della Costituzione.
La vera forza delle istituzioni non sta nel mettere a tacere.
Sta nel sapere ascoltare anche ciò che disturba.
Avv. Mauro Franchi
Parma, 21 giugno 2025
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