Il parallisimo coi trattamenti sanitari obbligatori Covid è evidente
Ritenere che i trattamenti sanitari obbligatori siano un qualcosa di distante da noi, tanto da disinteressarcene, costituisce un grave errore di prospettiva.
La “vaccinazione” obbligatoria anti Sars Cov 2 cosa altro è se non un trattamento sanitario di massa obbligatorio ex lege?
Chi può escludere inoltre che un domani magari prossimo non vengano poi adottate misure personali coattive tese a trattamenti sanitari che il legislatore può decidere di imporre per la tutela della salute pubblica.
Se tutto ciò è vero ecco che allora diventa importante analizzare l’orientamento del massimo organo giurisdizionale, esclusa la Corte Costituzionale, in Italia.
Il fatto di cui si narrerà nel proseguo inoltre è indicativo dell’atteggiamento deplorevole che hanno assunto i giudici di merito nella vicenda specifica.
Un atteggiamento contrario al diritto che viola palesemente la dignità delle persone.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33290 del 19 dicembre 2024, ha posto un tassello importante nella difesa della libertà personale. Una donna fragile, sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio (TSO) senza motivazioni adeguate, ha visto riconosciuto il diritto al risarcimento per l’ingiusta compressione della sua libertà. La Cassazione ha annullato una precedente sentenza della Corte d’Appello di Ancona, che negava il risarcimento con argomentazioni basate su pregiudizi: l’essere fragile, malata o emarginata non riduce il valore della libertà di una persona.
La sentenza sancisce un principio fondamentale: privare qualcuno della libertà, in modo illegittimo, è un abuso gravissimo, indipendentemente dalle condizioni personali o sociali. Ogni individuo, anche il più fragile, ha diritto a essere trattato con rispetto e dignità. La libertà non è una concessione, è un diritto sacrosanto.
Questa pronuncia riapre una questione più ampia:
il rapporto tra libertà individuale e misure sanitarie obbligatorie, come le vaccinazioni imposte durante la pandemia di COVID-19. Anche in quel contesto, in nome del bene collettivo, si è spesso sacrificato il diritto alla scelta personale. Le vaccinazioni obbligatorie per alcune categorie professionali e l’introduzione del Green Pass hanno imposto una forma di coercizione, accompagnata da sanzioni economiche e sociali per chi dissentiva. La logica sottostante era pericolosamente simile a quella del TSO illegittimo: un intervento deciso dall’autorità, ma che calpestava il diritto inviolabile alla libertà.
La Cassazione, con questa ordinanza, manda un messaggio chiaro: il diritto alla libertà personale, sancito dalla Costituzione, non può essere limitato senza solide basi scientifiche, proporzionalità delle misure e rispetto assoluto della dignità umana. Non si tratta di negare l’importanza della salute pubblica, ma di riaffermare che la libertà non può mai essere sacrificata con leggerezza. La compressione della libertà, sia attraverso un TSO immotivato sia con obblighi vaccinali, richiede una riflessione profonda. Quando lo Stato si arroga il diritto di decidere per i cittadini senza rispettarli, si rischia una deriva autoritaria. Le fragilità personali e la paura collettiva non possono mai giustificare la violazione dei diritti fondamentali.
Questa ordinanza della Cassazione è un monito per tutti: cittadini, istituzioni e professionisti della salute. I diritti umani non sono concessioni dello Stato, ma pilastri su cui si fonda una società libera e giusta.
La libertà, piaccia o meno, non è un lusso. È la base su cui si costruisce una società che rispetta l’individuo. Chi non si batte per essa oggi, rischia di perderla domani.
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